Questo lembo di mondo ricco di storia e di risorse naturali è un immenso patrimonio naturale, archeologico e culturale racchiuso nelle aree protette del Lazio in cui boschi e pascoli si alternano a pianori coltivati incastonati da valli profonde scavate in migliaia di anni e in cui sono nascoste e protette le antiche tombe e vestigia etrusche. Questa area geografica, attraversata da fiumi e ruscelli è rimasta inalterata per migliaia di anni; il suo materiale roccioso, il tufo, è l’elemento onnipresente derivato dalla cementazione di cenere e sabbia vulcanica depositate e stratificate nel tempo. Caratteristica morfologica largamente rappresentata in molte aree dell’Alto Lazio è senz’altro costituita dai “valloni”, pareti di tufo verticali a strapiombo simili a canyon. Qui il popolo etrusco ha fatto la storia, contribuendo alla formazione della civiltà romana e tramite essa di quella europea. Oggi, questa antica Aetruria è cosparsa di “arcaici” paesi e borghi sonnecchianti, eppure questa ridotta dinamicità ci apre a un suo inedito aspetto positivo, quello di paesi e borghi rimasti fuori dai grandi circuiti del turismo di massa che ne avrebbero alterato l’identità. Lo ‘spirito dei luoghi’ oggi ne risente positivamente nella loro rivalutazione, nell’evidenziare la loro qualità espressiva di itinerario esistenziale e meta di turismo emozionale. Un nuovo orientamento e un nuovo privilegiato punto di vista ne riflette la qualità da cui si staglia la poetica del “Turismo lento”, grazie al quale ci è possibile degustarne il silenzio filosofico che ci restituisce un paesaggio più che mai interiore congiuntamente alla bellezza tutta esteriore dei suoi luoghi preservati dall’inutile rumore del mondo.

Il mito degli etruschi si diffuse dalla fine del Settecento e per tutto l’Ottocento tra gli intellettuali inglesi. Il Console britannico George Dennis, in visita nella Tuscia nel 1842, si immerse in questo territorio “sacro” rimanendone abbagliato e interpretandolo come pura “mitologia interiore”. Dopo di lui, s’è detto, la passione archeologica traslocò dalle fredde aule dei musei inglesi agli spazi aperti dell’antica Tuscia.

L’avventura pioneristica di Dennis sospinse altri ricercatori dell’anima del mondo a recarsi in quelle terre languide e abbandonate e tuttavia rese ancor più magiche dalla luce del sole e dalla fragranza dei profumi. La romantica visione degli antichi sepolcri e delle rovine del passato avvolte dal mistero e invase dalla vegetazione ha contribuito alla rappresentazione artistica delle sognanti vedute ottocentesche tanto apprezzate da poeti e artisti.

La romantica visione di antichi sepolcri etruschi e rovine del passato avvolte dal mistero e invase dalla vegetazione, hanno contribuito alla rappresentazione delle sognanti vedute ottocentesche tanto apprezzate dai poeti e scrittori del Romanticismo anglosassone.


WILLIAM TURNER

Turner fu uno dei più grandi pittori britannici del Romanticismo soprattutto per quel che riguarda la realizzazione di paesaggi. Il suo stile pose le basi per la nascita dell’Impressionismo, anche a causa dei suoi studi sulla luce e sul colore. Questi studi lo portarono a visitare l’Italia della classicità nel 1819, e una seconda volta nel 1825 quando raffigurò in diversi oli, acquarelli e disegni i boschi, le valli e il verde della Tuscia, lasciandosi incantare dalla bellezza e dalle atmosfere del luogo.


M.C. ESCHER

Nel 1922 il giovane Escher, l’artista olandese delle prospettive impossibili, delle metamorfosi e dei paradossi matematici, fece un viaggio in Italia dove incontrò quella che in breve tempo divenne sua moglie. Facendo tappa fissa a Roma, visitò nei diversi anni della sua permanenza, le varie regioni italiane per raccogliere impressioni e fare disegni dei luoghi incontrati. Nel 1929, visitando l’Italia centrale soggiornò nella Tuscia a Barbarano Romano, a cui dedicherà un’incisione panoramica del paese.


ALDOUS HUXLEY, D.H.LAWRENCE, BRIAN MOBBS

Nel 1923 anche il giovane scrittore Aldous Huxley, leader indiscusso della psichedelia e del pensiero moderno, si recò in Tuscia per visitare le necropoli di Tarquinia. Ciò che più di tutto nascondeva la sua passione archeologica era l’ansia di scoprire nuovi orizzonti della mente umana e raggiungere gli ideali territori, non certo geografici, della purezza dell’anima illuminata, quel ‘luogo’ incontaminato in cui brilla la “luce preternaturale degli antipodi della mente”. Come più tardi verrà dimostrato, Huxley ricercava l’esperienza visionaria e rivelatrice dei fatti basilari dell’esistenza umana che conducono alla scoperta, non di antiche vestigia, ma di una nuova essenza delle cose libera dalle categorie di spazio e di tempo. Nel suo resoconto letterario dell’epoca, “Foglie secche”, Huxley ci descrive la fuga da un mondo in cui il progresso ha annientato ogni forma di spiritualità, ritrovando “il segreto del vivere armonioso” nell’antica innocenza di un tempo passato che egli individua in Etruria.

Pochi anni dopo di Huxley, un altro illustre inglese suo amico, passando in treno dalla magica campagna della Maremma giunse a Tarquinia. L’irrequieto scrittore di prosa “scandalistica” David Herbert Lawrence si innamorò subito della “vergine essenza della campagna splendente” che la Tuscia emanava nella sua “densa ed arcaica” purezza di significati. Qui “i personaggi avanzavano con i lunghi piedi calzati di sandali tra piccoli ulivi…” in questo antico luogo “vivo e vibrante, come un’unica grande creatura…” Qui anche Lawrence scrisse il suo libro più puro “Paesi etruschi” (Etruscan Places)

Quando alla fine degli anni Cinquanta giunse qui il pittore londinese Brian Mobbs alla ricerca dell’Eden perduto, si poté constatare che anche nei suoi dipinti il soggetto era carico di nostalgie e meditazioni intorno al tempo magico e incantato di un ideale inizio in cui lontani dai problemi del mondo si era ancora nella natura così come si è idealizzato fossero gli etruschi. La contemplazione quasi romantica che riecheggia nelle opere di Mobbs rimanda a quel tratto pittorico che aveva caratterizzato l’opera di un altro inglese, William Turner.


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